Banca Dati "Nuovo Rinascimento" http://www.nuovorinascimento.org immesso in rete il 16 ottobre 1995 Relazione dell'origine della Corte dei Ferraiuoli e spettacolo inaugurale (Siena, 1568 [1569]) a cura di Laura Riccò /c. 566r/ Relatione dell'origine della Corte de' Ferraiuoli e spettacol rappresentato l'anno 1568 nel Palazzo Cerretani in Siena, descritta dal Signor Cavaliere Fortunio Martini. /c. 567r/ [1] Havendo la notte nona di gennaro del 1568, ne l'antichissimo palagio della nobilissima famiglia Cerretana sanese, alcune belle et honeste donne, insieme con molti honorati e valorosi giovani allegramente vegliato, uscirno una parte di essi che il caso congregò insieme , come è debito offitio, a una gentildonna di quelle che indi sul levar del sole al fin della veglia per tornare alla propria casa si partiva. [2] Era questa gentildonna la non manco honesta che bella madonna Urania Cerretani de' Piccolomini. Onde si può dire, per quello che poi si è visto, che tale atto di farli compagnia fusse a quei gentilhuomini un lietissimo augurio di loro felici successi, perché trovandosi non minore armonia di concordi e rare virtù ne l'animo di lei, che si trovi nel dolce nome, si può stimare che ella come gratissima, quasi per cambio della debita cortesia ricevuta, infondesse, per mezzo del vago volto e de' gratiosi occhi suoi, in quelli giovanili e ben disposti suggetti lo unanime spirito che poi fece loro operare così virtuose imprese. [3] E certo si può chiamare maraviglia che da una diversità sì notabile di animi e di professioni sia sì concordevolmente proceduto quello che si dirà. [4] Erano tutti questi giovani, come peravventura la stagion ricerca, addobbati di ferraiuoli, talché pareva una livrera fatta in prova: e tanto più quanto che si haveva ciascuno il suo /c. 567v/ ben accorollato gettato sopra le spalle, il che dava occasione alla turba di correre come a nuovo spettacolo, della qual cosa con lieti applausi e giubilosi gridi erano ricevuti. [5] Giunti adonque alla casa predetta, e cortesemente da quella gentildonna licentiatisi, tutti insieme nel medesimo habito per il più nobile della città giocosamente passando, come il tempo del carnovale comportava, s'andorno alquanto con il cibo a ricreare, doppo la qual cosa, fatti come avviene modestissimamente più allegri, si inviorno per essercitio fuora d'una porta e mentre ivi giunti fra loro piacevolmente scherzano, ecco che uno di essi in un subbito quasi da qualche nume afflato et inspirato, correndo alla volta d'un altro che solo tra tutti haveva un ferraiuolo di color incarnato in dosso, lo salutò Principe, la qual voce tutti seguitando, li confermarono di buona voglia il detto nome. [6] Non è dubbio alcuno che i meriti di questo giovane, che fu il nobile e virtuoso Fantozzo, erano e sono degni d'ogni honore, ma per esprimer la verità e far conoscere da che piccole occasioni nascano spesso bellissimi pensieri e seguano nobilissimi effetti, si dice che il suo ferraiuolo, che fu et è una calamita degl'occhi altrui, fu principale cagione che a lui fusse conferita quella dignità, e credo io che nel petto di quello che innanzi a tutti lo nominò Principe fusse per scherzo anteriore questo concetto: cioè che il suo ferraiuolo fusse principe di tutti i ferraiuoli loro e che per conseguenza, come alle cose trovate facilmente si aggiunge, chi lo portava ne ricevesse /c. 568r/ il principato, del quale egli poi a sangue fredo et in cappa corta fu con doppie e solenni conferme reputato dignissimo. [7] Aggiongasi a questo, e pongalo chi legge dove li pare al suo luogo, che egli era di persona con disposta proportione tra tutti quelli eminente, nel cui dosso campeggiava molto ben quello avvistato et avventurato ferraiuolo. Basta che egli, creato Principe, subbito formò e distribuì tutti gl'offitii che a un ben servito principe si conchiedano, intitolando la corte sua la Corte de' Ferraiuoli, volendo, come io penso, nello innalzare questo nome rendere il dovuto merito al suo ferraiuolo che di tanto honore li era stato cagione. [8] Tornati adonque nella città, ripieni di maggiore allegrezza e di un certo nuovo desiderio, che ognuno peranco non sapevano esprimere né ove aplicare, non attesero ad altro per 20 giorni seguenti che accrescere di honorati giovani il numero loro, al quale atto vengano con belle et honorate cirimonie, che insieme con altre loro virtuose attioni saranno forse un giorno al mondo palesi, talché di dieci che furono li primi fondatori (così eleggei di chiamarli) vennero a vintitre; [9] ma intorno al primo di febraro, essendo in casa del Signor Principe tutti radunati, fatta da esso general proposta, fu consigliato et concluso che si dovesse pensare a qualche inventione per honorato et honesto intertenimento di gentildonne, come si conveniva volendo rispondere in parte ad una delle principali professioni et a qualche opinione concetta di loro. [10] Furno poste dinanti a due giorni al predetto termine da diversi /c. 568v/ cortegiani varie e nobili inventioni, et in somma, doppo due altri giorni concessi di tempo a discorrerci sopra, si formò di varie membra, questa da una parte e questa da l'altra togliendo, un corpo d'inventione, la quale, poi che più di tutte piacque, fu concordevolmente deliberata, e restando a trovarsi il luogo dove rappresentarla. [11] Voltossi il Signor Principe a due germani, Pietro e Gironimo Cerretani: fece e disse sì che eglino, con quella virtù e cortesia che hanno sempre mostrata in ogni loro attione, accettorno di chiamare a cena et a veglia nel palagio loro quel numero di gentildonne che al Signor Principe et alla Corte piacesse per quella notte che da tutti fusse determinata. [12] O felice, e saggia resolutione! La mala qualità del tempo che andò innanzi e doppo a questa deliberatione fu, come ciascuno sa, a Siena tale che non che altro impediva altrui a uscire delle proprie case e non concedeva pure il ritrovarsi insieme. [13] Lascio da banda mille altre difficultà che apportano seco tutte le essecutioni delle cose, né fo mentione della somma brevità del tempo, perché la suprema virtù della consorte del già detto Pietro, madonna Flavia Tolomei Cerretana, sì operò talmente in tutto quello che a condurre a fine sì honorati pensieri faceva di mestieri, che oltre al nome di molto vagha e pudica, quale ella si haveva già meritamente guadagnato, si acquistò di essecutiva e di valorosa donna nella nostra città non piccolo grido; [14] né era alcuno delli Cortigiani Ferraiuoli che, vedendo con quanto fervore ella abbracciava questa impresa, sotto ponendosi per tale effetto con somma maestà a ogni fatica, specchiatosi in un medesimo istante /c. 569r/ ne l'allegria del leggiadro volto suo e nella virilità del cuore, non prendessi animo, onde, a dispetto del malvagio tempo ed ogni altro importuno accidente, feceno et ella e loro apertamente al mondo conoscere non essere difficultà alcuna che non venga superata da un generoso cuore. [15] Sendo adonque ogni cosa in ordine, ecco che venuto il giorno 16 di febraro tutte le gentili donne, in numero di 31, di bellezza et honestà sanese, ai debiti tempi e con lodevoli ordini già invitate, si raccolsero dalle 22 alle 24 ore di quel giorno nel nominato palazzo, nel quale atto furono con garbo maraviglioso dalla detta madonna Flavia accolte, facendo ella ad una ad una, o a due per due come il caso le conducea, a tutte con lieto sembiante, al conspetto di molti nobili e giuditiosi circustanti, lodatissimo parragone della sua bellezza, né da alcuna per avventura le avvenne esser superata fuora che da una la quale, per dire il vero, non può cadere in comparatione, atteso che a lei sopra ogn'altra fino in terra ha concesso il cielo et in beltà et in virtù di esser felice. [16] Finita questa cirimonia, e ridutte tutte le donne e li huomini nella spatiosa sala de lo avventuroso palagio, già per una abbondanza di bianchi accesi torchi risplendente, stando ciascuno a grand'agio, si dè principio, doppo un dolce suono, a vaghi e dilettosi balli; [17] quali per buono spatio di ore durati, per che il mormorio si era quietato, la padrona madonna Flavia, mossa dal luogo dove sedeva, se n'andò con il solito garbo a /c. 569v/ trovar fra li huomini il Signor Cavalier de' Martini, al quale con accomodate parole comandò un giuoco, diede in luogo di scetro quella scuola che a Siena in tal caso usiamo. [18] Il quale, riverentemente ricevendola, doppo una breve e debita scusa della sua insuffitienza, e doppo alcune parole che in luogo di proemio facevano di mestieri, intitolò il giuoco Guerra d'Amore, creò una Venere et un Cupido, i quali faceva sedere in luogo riguardevole, diede loro uno Araldo, lo offitio del quale volse che fusse il significare a ciascuno, per parte di quelle deità, che subbito la sua denuntiatione venisse a sottoporli, et insegnò a fare omaggio e reverenza a l'alta potenza loro, il che facendo sarebbeno cortesemente accolti e premiati, ma non lo facendo minacciava pur da lor parte aspra guerra da farsi per li soldati amorosi a ogni persona ribella e nemica loro, con una succinta e generale essortatione al sottoporsi ad Amore. [19] Questo fu l'offitio de l'Araldo; ma quello di Venere e Cupido vuole che fusse il servirsi de' sottoposti per andare a distruggere le fortezze di quelle donne che non facessero atto di vasallaggio, intendendo, però, che con due arme sole si potesse assalire la rocca nemica: una delle quali fusse il mostrare un solo honore o utile che ne resultarebbe a quella donna vivendo sotto l'imperio amoroso, l'altra l'addurre un solo inconveniente o danno che a lei ne seguirebbe non vi vivendo; [20] se poi il soldato amoroso riportaria la vittoria, e se ne menasse la donna espugnata a fare omaggio, vuole che Venere e Cupido lo doves/c. 970r/sero premiare e darli il trionfo, il che ancora avvenisse in caso che il soldato havessi fatto honorata prova, se bene non havesse spugnata la rocca; ma in difetto del combattente, ordinò che i medesimi, come retti giudici, lo dovesseno gastigare: così apunto fu esseguito. [21] E perché lo Araldo, che fu Fausto Sozzini, il Cupido, che fu Clemente Piccolomini, due di quelli che fero l'atto della suppositione, l'uno il Signor Principe, e l'altro il Signor Carlo Fiammengo, la Signora Contessa Urania, che fu una delle rocche assalite, fecero ciascuno l'offitio suo sopra ogn'altro egregiamente con dotte et ornate ragioni, con saggie e gratiose proposte, con acute e preste risposte, il giuoco fu con maraviglioso silentio e con sommo piacere universale udito. [22] Ma poi che innanzi alla volontà quasi di ciascuno hebbe fine, perché era già l'hora della cena, ritiratosi cortesemente un gran numero di gentilhuomini, che ivi a quella hora si trovavano in diverse stanze del capace palazzo, si posero le tavole, e poco doppo, distribuito a ogni donna il debito luogo, vennero alle vivande, le quali sì come furno delicatissime e stagionatissime in abbondante e moderata copia, così con sommo ordine et incredibile allegria et agio di ciascuno furno da garbati giovani ministrate loro. [23] Questi per la maggior parte erano li Cortegiani Ferraiuoli, con alcuni altri nobili amici da essi chiamati, né si deve mancare di dire che molti delli Ferraiuoli con superbi e novelli vestimenti fecero di loro honorata mostra, mentre servendo alla gioconda tavola e pa/c. 570v/scevano non meno di accorti e piacevoli ragionamenti li animi di quelle donne che si facessero li corpi di suavi cibi, et eglino erano scambievolmente pasciuti. [24] Ma doppo un iusto spatio levate le tavole, ritiratosi le donne in una separata camera, messer Cornelio Sozzini, gentilhuomo sanese molto garbato et attivo, subbito in favore de' Ferraiuoli amici suoi tragittò con molta prestezza un palco nella stessa sala dove si dovevano rappresentare l'inventioni, il che fu di grandissima commodità cagione e tolse via senza dubbio ogni disordine e confusione che spesso in simil casi suol nascere; [25] il quale finito si dè largo a ciascuno che prendessi il luogo o andasse a cenare con li altri come più li pareva, e doppo questa cena, ritornando tutte le donne in sala, ivi commoda et appartatamente si adagiorno, intanto che li Ferraiuoli che intervenivano alla inventione si erano andati a mettere in punto, lassando però alcuni di loro che non v'intervenivano, li quali molto allegramente trattennero la veglia. [26] Il che essendo già l'hora ottava della notte, ecco che gionto dentro a certe tende in cima della sala a l'incontro del palco dove stavano li huomini tirate, si sentì un conserto di dolcissima armonia di viole, arpicordo, leuto, flauti, tromboni e voci unite insieme che furon, per quanto il silentio ne diede inditio, di non piccolo diletto [27]; doppo il quale si presentorno subbito un Cupido con una Vener appresso e con le tre Gratie doppo lei, le quali, poi che con gratiosi passi hebbero girato il vacuo de la stanza, fermatisi con il medesimo ordine che erano uscite nel più proportionato luogo di essa, Cupido cominciò in tal maniera dolcemente cantando. /c. 971r/ [28] L'alta beltà della celeste gratia ch'in voi, donne, regnar chiaro si vede, onde natura e 'l cielo ognun ringratia che sì ricco tesoro al mondo diede, sì come empie di gioia e queta e satia l'humana mente ch'altro ben non chiede, così d'invidia già colmar solea l'alme tre Gratie e la ciprigna dea. [29] Ma poi che pure a manifesti segni d'esser vinte da voi si sono accorte, l'ira deposta e ' mal concetti sdegni che molta invidia avvien che seco apporte, lasciando il proprio nido e i lor be' regni venute hor son dentro alle vostre porte a confessar che in atti et in sembianti voi di gran lunga a lor passat'inanti. [30] E per segno di ciò l'antico impero lasciano a voi che più degne ne sete, con sottoporsi al giusto scetro altiero che di vaga bellezza in man tenete; et io che già tant'alme ardito e fiero ferire, arder, legar udito havete, humil con lor ne vengo, e in questo loco li strali hor rompo e i lacci, e spengo il foco. /c. 971v/ [31] Ch'un guardo sol de vostr'occhi divini val per mille saette mie pungenti, e li honesti sembianti e pellegrini ardan da lungi le più fredde menti; escono delle perle e de' rubini voci a legare ogn'anima possenti: di voi donque il mio offitio, e troppo parme se sano io me ne vo da le vostr'arme. [32] Hor Giove ancor, ch'ha di voi somma cura, perché di noi minor in nulla siate e resti eterna in voi la sua figura per cui son d'alto amor l'alme infiammate, incontro al tempo ch'ogni cosa fura, e torvi può la gratia e la beltate, manda arme elette che a voi da sua parte daran le Gratie e l'amica di Marte. [33] Queste prendete, ma pensate pria che, se fia eterno in voi degl'anni il fiore, breve e caduco pur convien che sia in chi donato già v'ha l'alma e 'l core, e che l'esser in tempo humile e pia a ciascuna sarà più grande honore ch'ubidienti al vostro altiero ciglio con le tre Gratie haver Venere e 'l figlio. /c. 572r/ [34] Alla fine del canto, sentendosi con grande applauso lodarsi il fanciullo che così gratiosamente cantato havea, non si movendo egli, Venere sola si mosse e fece a tutte le donne diversi presenti, e doppo che ella fu tornata al luogo suo le tre Gratie unitamente fecero il simile. [35] Era Cupido nella sua più propria forma con strali e lacci in mano, e con una facella accesa. Era Venere e le tre Gratie molto riccamente vestita, sopra di finissime telette d'oro con busti accollati con vari e ben distinti colori, con diverse legature per tutto il dosso di nastri di seta e di puntali e di lucidissimo cristallo, sotto alle quali apparivano ricchissime vesti di drappo, con bande grandi d'argento et oro; erano mascherate di delicati feminili visi; in testa havevano, con varii e vaghe acconciature zuffi e capelli, molte perle di gioie che ivi erano conteste di gran valore; pendevano da i lor colli e petti e braccia filze di perle, collane e monili di molto pregio. [36] Haveva Venere una conciatura di testa alla greca in ghirlandetta di mirto, con mezza corona regale dalla parte dinanzi, con un sottilissimo velo che, prendendo parte di essa, li calava con il restante sopra le spalle; era cinta del cingolo detto cesto, haveva in piedi calzini di corame indorato, frappati e fodrati di teletta d'oro, legati con nastri di più colori. Le Gratie havevano le mani e li piedi cuperti di candida seta, dimostranti avorio, lavorata ad aco. [37] Portava Venere nella destra il pomo del quale fu giudicata degna da Paris, ma le Gratie, rappre/c. 572v/sentate per l'honesta consideratione vestite, vi portavano l'una un aureo dardo senza segno alcuno, l'altra una vagha rosa, la terza un verde mirto; nelle sinistre havevano, et esse Venere, le canestre, o cestelle, ove erano i doni di ciascuna, li quali furono fiaschetti covertati di massiccio argento, pieni di odorifere acque con corpo di finissimo muschio et ambra, cassettine d'argento piene di polvari di cipri, conserve da denti e da mani con distemperatura di coralli e perle, e palle di sapone con corpo di più pregiati odori: et insomma donorno fino alle paniere, le quali dalle donne, sì per vedersele molto venire ad uopo, sì per la vaghezza che erano per li molti colori e diversi dipinte e messe a oro, furono molto caramente ricevute. [38] Erano ne' fondi delle canestre alcuni cerchietti d'argento, dentro alli quali erano varie imprese, e fra le altre una d'un pirale in mezzo a fiamme d'argento con questo motto: Moriar si evasero. [39] Non essendo alle Gratie et a Venere restato altro in mano di quello che nelle destre portavano, preso reverentemente combiato, se n'andorno con il medesimo ordine che all'uscire insieme con Cupido havevan servato. E subbito risonò la stanza d'un nuovo concento con un leuto et un arpicordo, che abbracciavano tutte le parti d'un madrigale a cinque voci, e di due viole, il basso et il soprano, le quali molto maestrevolmente tirando di contraponto scherzavano, a tal che se questo conserto fu men pieno del primo, fu tanto più artifitioso che non meno di quello fu notato e gustato. [40] Doppo il quale comparve il Tempo con le quattro Stagioni gui/c. 573r/date da quello, che, secondo il primo ordine e passeggiata la stanza et al luogo fermatosi, così con somma gratia parlando cominciò: [41] Io, che struggendo ciò ch'è sotto il cielo nel mondo signoreggio, poi che con maraviglia et odo e veggio ch'a voi non può spegner più il caldo e gelo degl'occhi il lume, o variare il pelo, pria che da voi per così strano fato io sia vento e legato, con questi miei, per cui si scuopre e sente lieto nel cuor sì come in atti mostro mi sottopongo a l'alto imperio vostro. [42] E subbito le Stagioni con queste parole in musica soggiunsero: A voi donne gentili, che far vostra beltà potete eterna, noi, per cui cangia ognhor sua forma il mondo, riverenti et humili faciamo homaggio con letitia interna, e ciò che di pregiato e di giocondo produce il nostro regno con cuor devoto v'offeriam per segno: e se più vaghi fiori v'ornan le guancie, il guardo e le parole frutti, onde più l'ho vive e cibo prende, sono ai leggiadri cuori, /c. 573v/ e nievi e brine cui non strugge il sole ha il vostro petto, ogn'alma s'accende, tutto donare altrui dovete, e i nostri don tener per vui. Doppo le quali, prima il Tempo con il Verno e con la Primavera, e poi le altre due Stagioni presentorno ciascuna tutte le donne. [43] Haveva il Tempo una maschera con barba lunga e bianca, di aspetto venerabile, et in testa, sopra a una zazzara simile, un sole d'oro; era vestito tutto fino ai piedi di drappo pavonazzo, cuperto di finissima teletta d'oro, ristringendosi il detto habito dalla cintura in su a guisa di giubbone e da quella in giù allargandosi a usanza di gonna, e con un manto di drappo bertino e fodrato della medesima teletta, postoseli a torno quasi alla zingaresca. Have alle spalle due grandi ali, che di fuori erano di velluto di vari colori compartiti con oro, e di dentro della detta teletta dipinta a diversi colori, impiedi haveva li calzari d'oro frappati e fodrati di teletta d'argento con nastri di più colori. [44] Ma delle Stagioni la Primavera e la State havevano visi, capelli, telette e sottane fornite riccamente come le Gratie: differivano solo nelle acconciature delle teste, nei colori delle telette e delle sottane e nelle foggie del vestire, che erano, secondo i capricci, servato il decoro della persona, molto diverse: bene è vero che la State haveva in testa un velo a usanza di matrona et era in ghirlandetta di auree spighe con un gran mazzo di esse nella destra, e la Primavera, con una leggiadrissima chioma in parte sciolta, con ghirlanda di fiori e di herbe naturali in testa e con il ramo di albero /c. 574r/ fiorito nella destra, mostrava di esser quanto ella è più giovanetta di quella. [45] Ma l'Autunno portava in testa un zuffo rosseggiante e mezzo ricciuto con ghirlanda d'uva, pampani, mele e fichi et haveva una maschera allegra e rubiconda, di aspetto virile, con barba conforme ai capelli. Portava in dosso una vesticciuola di cangiante verde e bianco che arrivava fino sopra le ginocchia, aperta da ambedue i lati, ma rilegata da alcuni nastri di seta e d'oro e scollata fino a mezzo il petto, legandosi la parte dinanzi con quella dietro in su le spalle con alcuni cordoni di seta e d'oro con nappe d'oro; nella spalla destra sotto dette legature era una maschera d'oro di convenevol grandezza et un'altra, ma più piccola, n'era in mezzo 'l petto, dove terminava la scollatura de la veste, le cui maniche della veste, raccolte fino sopra il gombito, di più pezzi tra loro congiunti, erano legati con nastri sopra le spalle. Quello che da detta vesticciuola non era cuperto mostrava tutto ignudo per un cangiante rosso e bianco, il qual particolarmente nelle braccia faceva natural vista di mostoso. [46] Sopra a questa veste haveva un manto di cangiante verde e giallo, legato con cordoni, come di sopra, in su la spalla sinistra, e sopra a questo nodo ci era una maschera somigliante a quella de la spalla destra; ricadeva questo manto sotto il braccio destro e veniva poi a man sinistra a distendersi fino a mezza gamba; mostravano le gambe esser tutte ignude per il medesimo cangiante del petto, salvo che dalle /c. 574v/ ginocchia in giù, apunto al confino di esse, erano alcuni gonfi di cintoli di cangiante verde e bianco e verde e giallo, i quali uscivano di sotto a due maschare, come le prime, per banda, legate con corde di seta e d'oro, e nappe simili alle dette, che terminavano sul collo del piè con le sue legature sotto a una mascaretta d'oro legata pure simiglianti cordoni. Questo Autumno e nel tutto e nelle parti, per esser molto simile, ricco e vagho et artifitioso, era di notabile e maravigliosa vista; haveva nella destra una gran zocca d'uva negra, composta di finissimo zuccaro, mosco et ambra, molto bella e di non poco valore. [47] Ma il Verno portava in testa una ricca corona regale sotto alla quale era una zazzara bianca et inculta, con una maschera con barba bianca e lunga et orrenda, di aspetto feroce; sopra alle spalle haveva con grosse collane legato un manto pavonazzo di drappo fodorato di teletta d'oro e fioccato di nieve; in piedi haveva calzari dorati, frappati e fodorati della stessa teletta, legati con nastri di più colori; il restante era in una assai propria forma. Nella destra uno scetro regale e nella sinistra un baccino d'argento, ove erano li suoi doni, che furono monti di nieve di bella e vistosa forma di finissimo zuccaro, e molti pezzi di zuccaro candido simiglianti alla grandine et al giaccio. [48] L'Autunno nella sinistra reggeva un gran cornucopio messo a oro et argento, dentro al quale erano frutti che egli donò, che furno fichi, mele et uva et altre sorte di frutti autun/c. 575r/nali, pieni di moscandrini fatti di fino zuccaro con corpo di muschio et ambra molto vaghi et in abbondante copia. [49] La State portava nella sinistra un cornucopia molto ornatamente dipinto e messo a oro, dentro al quale erano le varie frutta che quella stagione apporta, fatte di zuccaro, muschio et ambra, piene di moscardini, e mazzi di spighe di seta et oro che da essa furono donate. [50] Ma la Primavera haveva nella sinistra, dentro a una canestra, come le già dette, mazzi di herbe e fiori di seta et oro molto vaghi e belli con varie figurine e con alcuni camei legati in cerchietti d'oro in essi conteste. [51] Il Tempo dentro a un gran nappo d'argento dava li suoi doni, che furono uno horriolo da polvere non molto grande tutto di matriperla, con bellissima e ricca cuperta e con suoi cordoni di seta et oro, un libro delle Metamorphosi d'Ovidio tradotto, cantato da l'Anguillara, legato in corame verde tutto messo a oro, et uno specchio grande assai di cristallo molto leggiadramente dipinto e messo tutto a oro. [52] Né essendo rimasto al Tempo, all'Autunno, et alla State altro in mano di quello che nelle sinistre portavano, et alla Primavera et al Verno quel solo che nelle destre havevano, servato il medesimo ordine che al venire, riverente licentiatosi rientraron dentro. Né perse tempo una nuova musica di buone voci a sei, con l'aiuto d'un trombone nella parte del basso, e di un leuto che abbracciava tutte le parti, e di una viola che sonava una fantasia fatta sopra a quel madrigale, la quale con molta maestria hor qua, hor là /c. 575v/ andava discorrendo. [53] Doppo la quale uscì la Fama con sette Ninfe, una per coro: del mare, fiumi, fonti, boschi, arbori, monti, prati e fiori, condotte da quella, la quale i già detti ordini servati, havendo prima un poco di fiato a una tromba d'argento che nella destra portava, con voce sonora e maestrevole incominciò: [54] Che per me s'oda in ogni parte il suono di ciò ch'al mondo è di memoria degno e molti vivan, che già morti sono, contra la forza del tartareo regno. Non è de' fati a me così gran dono, né della mia virtù sì chiaro segno come a voi donne qui, pronta e leggiera, condotta haver sì gloriosa schiera. [55] Havean queste leggiadre Ninfe udito per opra mia già molto tempo prima l'altiero grido che, de l'Arbia uscito, è pervenuto in ogni strano clima de l'unica beltà, de l'infinito vostro valor posto d'altro in cima, e venute sarian come fanno hora a contemplarvi e riverirvi ancora. /c. 576r/ [56] Se non ch'havendo esse bellezza tale che sprezza il corso e 'l variar del cielo, di voi nissuna a lor pareva eguale mentre avvolte eravate in fragil velo, ma poi che providenza alta e immortale arme vi ha date contra il caldo e 'l gelo e il Tempo stesso a voi s'è sottoposto da me sospinte han di venir disposto. [57] Così lassando fiumi, fonti e mare, arbori, boschi, monti, e prati e fiori, sol me seguendo e le mie voci chiare venute hor sono a rendervi alti honori, ch'ove ciascuna d'esse suol regnare nei lor beati, avventurosi chori, si glorian di potere a voi servire e come a maggior dee doni offerire. [58] Hor io che son di ciò cagione in parte più alto guidardon da voi non voglio che non esser del mondo ad altra parte apportatrice mai di vostro orgoglio: ponghasi la ferezza hormai da parte, ne l'amoroso mar tropp'aspro scoglio, che a l'opra mia gran premio dato havrete e voi più chiare ognhor per me sarete. /c. 576v/ [59] Doppo le quali parole, non si muovendo ella, prima la Ninfa del Mare sola, e poi l'altre a due per due servando i gradi della precedenza, presentarono ciascuna tutte le donne. [60] Mostrava la Fama esser tutta ignuda per un drappo incarnato tutto dipinto a occhi, piume, bocche et orecchie; haveva in testa un semplice zuffo e bello, con due bianche ali alle spalle e con un manto di teletta bianca et argento a traverso. [61] Ma delle sette Ninfe li habiti, sì nei zuffi, capelli e visi, sì nelle telette, sottane e calzari, non erano ponto in ricchezza e vaghezza a quelle delle Gratie e di Venere inferiori, anzi, la qualità in tante diversità di cose che era tra loro accresceva agl'occhi et alle menti de' riguardanti lo stupore et il diletto: [62] i' lasso nel petto del giuditioso lettore il pensare che i colori delle vesti, telette e calzari erano, secondo la qualità di chi li portava, molto ben distinti e non occorre massimamente in tanta multitudine ch'io racconti alli nobili spiriti, per i quali solo è fatta questa descrittione, quale ella si sia, quando egli si degnino di vederla, gli habiti particolari e le varie foggie di ciascuna perché tali cose recano molto più diletto a vederle che a udirle, e si devano imaginare che, essendo state rappresentate da simili a loro ciò non può esser seguito se non perfettamente, come farebbeno eglino quando havessero a rappresentarle senza vederne altro essempio. [63] Perché qual di lor non sa che l'habito tutto della Ninfa del Mare deve esser ceruleo, di quella del Phonte bianco, e così di mano in mano secondo il decoro ne l'altre diverso? Chi non sa di loro similmente che qual deve /c. 577r/ essere di queste Ninfe con la chioma in tutto sparsa, quale in tutto raccolta e qual ne l'uno e ne l'altro modo insieme? [64] Passandomi adonque di questo e venendo alle cose da descriversi più segnalate, dico che la Ninfa del Mare haveva una ghirlanda in testa di nicchi e chioccioline marine molto ben composta, con un gran ramo di corallo finto nella destra e nella sinistra una gran conca marina, dentro alla quale erano li suoi doni, che furono rami di corallo naturali di non poco valore, conche marine naturali non molto grandi piene di polvere di cipri, scogli colorati di finissimo zuccaro e muschio, e tali altri; un dalfino d'oro massiccio di molta maestrevole fattura, con questo verso attorno in una laminetta d'oro a esso congiunta: Vivrò del canto che mi tolse all'onde, alludendo al nome di Urania, a cui ella ne fece dono. [65] Ma la Ninfa de' Fiumi portava nella destra un hamo d'oro, in testa una ghirlanda d'olmo e nella sinistra un vaso ove erano li suoi doni: che furno granchi e pesci d'ogni sorte di non piccola grandezza di finissimo zuccaro, con corpo di muschio et ambra, molto propriamente colorati e fatti. [66] La Ninfa de' Fonti portava in testa una ghirlanda et in mano destra un mazzo di capel venere, nella sinistra dentro a un bel vaso li suoi doni: che erano fiaschetti coperti di ermesino, messi a oro e dipinti a scacchi di varii colori, pieni d'acqua d'angeli, con corpo di muschio et ambra di suavissimo odore. [67] Ma la Ninfa de' Boschi portava in testa una ghirlanda di cerro, nella /c. 577v/ destra un arco con lo strale teso, e la faretra al fianco; nella sinistra dentro a una canestra i doni, che furono diverse sorte d'animali di finissimo zuccaro e muschio molto naturalmente colorati e fatti, rami di quercia di seta et oro con frutti di profumo e muschio, et alcune altre sorte di selvatili frutti della stessa materia, messi a oro, di non poco valore. [68] La Ninfa delli Arbori portava in testa una ghirlanda di pero, nella destra un ramo simile e nella sinistra una canestra dove erano i suoi doni, che furono varie frutte domestiche piene di moscardini e tra l'altre un ramo d'oro massiccio con le sue frondi, e ritorcendosi in cerchio formava un paro di orecchioli, dalli quali pendevano due pere fatte di stietto muschio, legato in oro, di maestrevole artificio. [69] La Ninfa de' Monti portava in testa una ghirlanda di fragole, nella destra un bello e nodoso bastone e nella sinistra dentro alla canestra i suoi doni, che furono tartufi di profumo con corpo di muschio e funghi d'ogni sorte di finissimo zuccaro, così ben colorati e naturalmente fatti che ad una di quelle gentildonne, la qual si trovava gravida, si accese vedendoli il desiderio de' funghi, onde poi al fine de la veghia lo estinse con alcuni di quelli de' quali per la quadragesima havevan fatto conserva, e diede tal cosa saputa molto da ridere. [70] La Ninfa de' Prati e Fiori era in ghirlandetta di vari fiori di seta et oro, portava nella destra un gran mazzo di essi naturale e nella sinistra la canestra, dove erano li suoi doni, che furono mazzi di fiori e di herbe di /c. 578r/ seta et oro, molto leggiadri e ricchi, con varie figure in esse conteste sopramodo artifitiose e belle. [71] E finalmente donaron tutte queste Ninfe i vasi e canestre loro, le quali erano di varie forme e di più colori, con diverse figure et imprese dipinte e messe a oro, e trovandosi le sinistre in tutto vote, con inchinevole atto partendosi, con la medesima girlanda tornorno dentro, e subbito il primo conserto di nuovo si fe' sentire, apportando il medesimo diletto. Doppo il quale decco un Mercurio in atto di volante nella sua più propria forma e con le sue insegne, che, nel debito luogo fermatosi e fatta reverentia, cantando disse: [72] Donne, di cui 'l felice unico stato mostra haver tanto il sommo Giove a cuore che ad hor ad hor di gelosia turbato Giuno ne mostra il petto e 'l volto fuore, ben che a gran torto, ch'un paterno e grato affetto il muove a desiarvi honore, dal suo messaggio usato humile udite cose ad eterna vostra fama ordite. [73] - Di quei sotto il pregiato antico tetto di cui l'insegna è l'alta rocca e forte, e aperte ognhor nel generoso petto hanno a virtute e cortesia le porte, stassi di donne un bel drappello eletto di rara in guisa et honorata Corte: /c. 578v/ a lor - Giove mi disse - in terra sole porta queste celesti mie parole: [74] Ben che tanto hor s'innalzi il pregio e 'l vanto che, per mio dono, ad ogni merto uguale le Gratie, le Stagioni, il Tempo, il santo coro di Ninfe, il vago arcier ch'a l'ale, Vener con lui, ch'il mondo honora tanto, diè lor, ch'in sé non han più del mortale, sappian ch'allor mia larga man ritiro ch'ingrato altrui del benefitio io miro. [75] Onde, se per le gratie alme e divine cui ne' be' tempii loro ho dato albergo, ove con voti e mani al ciel supine ringratiar denno me ch'altrui n'aspergo, imitando molt'altre, empie e meschine, volgesser forse ad humiltade il tergo, lor torrei tosto - e qui s'accese in volto - que' doni, e il nome lor farei sepolto. [76] Non men n'offendaria del mio dispregio quel dei cortesi lor fedeli amanti, ch'altra cosa non hanno in maggior pregio che di portarle alle più rare innanti. Io che a ciascuno il cuore o basso, o egregio veggio, do lor questi dovuti vanti: sì che per evitar mio acerbo sdegno mostrin gradirli a qualche honesto segno -. [77] Qui finì Giove, e la grand'ira ultrice mostrò con più d'un alma ingrata e fella. Qual donque esser di voi si tien felice non sia superba, o al suo amator rubella, e basti de l'altiera et infelice Lidia la pena in chiaro essempio a quella, ché sentirà d'aspra vendetta il telo qual donna sprezza il fido amante e 'l cielo. [78] Et al fine del canto ritornato che egli ne fu nel medesimo atto di volante dentro alle tende, si dette principio ad uno arpicordo, leuto e due viuole, il basso et il soprano, a sonare un passo e mezzo, il quale a voto per tanto spatio durò quanto bastò a finire un lieto applauso e mormorio, che doppo un lungo e grato silentio era seguito al fine de la inventione, ma essendo raccolte le tende et usciti fuori tutti in una schiera e ne' medesimi habiti quelli che vi erano intervenuti, invitando prima Venere una donna, e poi ciascuno di essi un'altra, fu guidato dalla detta Venere, con quella gratia e leggiadria che si conviene a un tal nume /c. 579v/. [79] Diede agio tal cosa di considerare a ciascuno più particolarmente le ricchezze e varietà delli habiti, e scambievolmente a quelli giovani di ringratiarli, di lodarli et esser lodati, il quale offitio fu con somma allegrezza et honestà esseguito mentre durò il ballo nei dolci ragionamenti di quelle gentildonne e di quelli modesti giovani. [80] Ma doppo un ragionevole spatio, rimesse le donne ai luoghi loro, essendo già l'hora undecima de la notte si andarono tutti a spogliare, e ritornati poi ne' loro primieri et ordinarii habiti, insieme con li altri comunemente trattennero la veglia con quelli allegri giuochi e pieni di scherzo che di mano in mano succedevano loro, fin che, essendo alto il sole, ciascuno, cortesemente licentiatosi, andò a riposare. [81] Queste sono state, virtuosi giovani lettori, le più palesi attioni de' Cortegiani Ferraiuoli, le quali senza dubbio perdano di gratia e di splendore mentre sono descritte da così debole ingegno e da così basso stile: pure io mi confido che per loro stesse e per propria virtù, sì le passate come le avvenire, tanto le private, come questa e molte altre, quanto le pubbliche, a guisa del sole, senza esser da altro lume illustrate, risplendano. [82] Il che per certo avverrà concedendone Dio gratia, e mantenendoci per padroni li Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Duca e Principe nostro, sotto li quali si nutriscano sì nobili e generosi spiriti, e continuando i Cortegiani Ferraiuoli nella presente concordia, sopra alla quale, doppo /c. 580r/ l'honore e servitio di Dio e del Duca e Principe loro e delle nobli et honorate donne, hanno gittati i fondamenti loro e per li quali le cose da principio piccole vengano con il tempo a farsi grandissime. Amen