Banca Dati "Nuovo Rinascimento"





TOE MERCURIO

Gli equilibristi









Gli equilibristi



I

La villa comparve improvvisa, al culmine d'uno stretto e tortuoso sentiero non asfaltato: lui e la sua vecchia carretta mangiarono un po' di polvere prima di raggiungerla.
Aveva una facciata raffazzonata da un inconsulto ibrido di stili, come fosse stata progettata da un architetto indeciso e certo in preda ad un forte esaurimento nervoso…
Rise di quell'idea.
Guglie gotiche si innestavano su un merletto di archi rinascimentali, mentre le colonne portanti erano un devastante intreccio di barocco e bizantino. Finestre e vetrate sembravano nettamente più recenti, cosi come la porta di ingresso che era stata fatta addirittura in plexiglas.
Suonò il campanello, assai perplesso; gli erano occorsi due buoni minuti per trovarlo - era per terra ed andava premuto con un piede.
La porta s'apri automaticamente ed egli entrò in un vestibolo così kitsch che per poco non lo istigò alla fuga.
- Puro eccentrico esibizionismo - si suggerì innervosito, mentre di lontano avanzavano in un lungo e soleggiato corridoio un signore e una signora rococò.
- Buongiorno, io sono il precettore - disse con voce cupamente solenne quando l'ebbero avvicinato e subito il loro figliolo, giunto evidentemente nascosto dietro la lunga veste materna, balbettò: - Che si… si… gnifica pre… pre… pre… -
- Un precettore è una persona cui è affidato il compito di educare i ragazzi nelle famiglie benestanti - ribatté rapido e secco al ragazzino.
Poi pregò i genitori di mostrargli la sua camera e la stanza in cui avrebbe dovuto impartire le sue lezioni…
Sistemato velocemente il bagaglio in un angolo, passò a spogliare rapidamente il suo nuovo alloggio di tutte le suppellettili giudicate di cattivo gusto nonché inutili. Operazione che ripeté nello studio, lasciando quasi tutto fuori della porta.
La cameriera tempestivamente lo raggiunse e gli sgombrò il campo.
- Deciso il giovanotto! - sentì che borbottava.
- Tenga per sé i commenti e mi mandi tosto l'allievo - rimbrottò.
Indi chiuse lentamente la porta e nessuno, tranne l'adolescente, poté mai più rivederlo.



 

II

- Punto primo: sarai direttamente tu ogni giorno a provvedere alle mie necessità. Mi porterai colazione, pranzo e cena, darai la mia biancheria sporca a lavare, a fine mese mi consegnerai l'assegno dello stipendio, d'accordo?
Dirai inoltre alla domestica di pulire la mia stanza nell'oretta giornaliera in cui faremo la passeggiata di interrogazione. Ti darò lezione tutti i giorni, domenica compresa, dalle nove a mezzodì e, nel pomeriggio, dalle sedici alle diciotto.
Mi porterai la colazione alle otto e trenta. Per il pranzo e la cena scegli pure liberamente il momento. Se lo crederai opportuno potrai consumare i pasti con me ogni volta che ne proverai il desiderio.
Terrei a che nessuno, ripeto nessuno, venisse a sapere della mia presenza qui e, ancora, gradirei che la mia volontà di isolamento fosse rispettata altresì dai tuoi genitori e dai domestici.
Durante il mio incarico non vorrò incontrare che te solo, va bene? Naturalmente hai tempo sino a domattina per stabilire se il programma ti aggrada. Non fossi d'accordo o non lo fossero i tuoi, ripartirei immediatamente.
A proposito, ti è fatto assoluto divieto di chiedere spiegazioni a riguardo. Ora va' pure… No, un momento! Come ti chiami? -
- E… E… Erik, pro… pro… -
- Sì, sì, professore. Anni? -
- Qui… qui… -
- ndici. E sia! Puoi andare. -
Lasciai lo studio del precettore alle quattro del pomeriggio. Il nostro primo incontro era caduto nell'ultimo giorno di settembre del 19…
Splendeva un caldissimo sole.



 

III

Trasmesse le sue direttive ad Erik, perfezione l'opera di sgombero dello studio. Staccò tutte le tele maldipinte che ingombravano le pareti e operò un'accurata selezione dei testi contenuti nella piccola libreria di cristallo. Particolari che non aveva avuto il tempo di curare in precedenza.
La stanza, prima soffocata da un eccesso di cianfrusaglie, risultò infine linda e ridotta a una certa semplicità: un vecchio scrittoio di mogano, due poltrone in similpelle, una riproduzione delle "Meninas" di Velàzquez, la libreria epurata dai titoli più insignificanti, una bella di notte ed un rigoglioso tronchetto della felicità negli angoli.
Si trasferì nel vano adiacente e si dedicò stavolta, con un fare quasi ossessivo, ad una minuziosa perquisizione della camera che gli avevano assegnato. Munito d'una resistente sporta di carta, cominciò a requisire "rifiuti": un tubetto di tranquillanti ed un vecchio rossetto dalla cassetta disegnata di fiori del bagno; un ventaglio avvizzito sul quale era dipinto un paesaggio marino, una limetta per unghie, un pince-nez con una lente rotta, un nutrito pacchetto di lettere ingiallite dal comodino; e dai tiretti del cassettone trasse un paio di camicie da notte tarlate ma ancora profumate di lavanda, un cammeo ed un pettinino arrugginito. Depositato il sacchetto in fondo all'armadio, dove riposava un bell'ombrellino chiaro da passeggio, controllò che lenzuola e federa dell'ampio letto risultassero di epoca più recente; indi, con molta più tranquillità, prese a disfare le sue due nere valigie e a riporre nei giusti luoghi i suoi abiti e i suoi oggetti.



 

IV

A sera, dopo una rapida consultazione con i miei - rimasti del tutto indifferenti, come il loro solito, nell'apprendere dalla mia balbuziente esposizione tutta la serie delle novità - bussai alla porta della sua camera ormai deciso a trattenerlo in prova. Chiese chi fosse, gli risposi, mi aprì.
Aveva un rasoio elettrico e una sigaretta accesa nella mano destra e mi si mostrò, senza pudori di sorta, tutto nudo. Un gran bel fisico il suo, nulla da dire, ma io rimasi lì per lì inebetito.
- V… Vuol… ce… ce… cenare, si… gnore? - domandai, mentre tentavo d'assorbir rapido la sorpresa. Lui mi scrutò dalla testa ai piedi, lungamente, come intendesse denudare anche me, poi scosse la testa e con un mezzo divertito sorriso si chinò per sussurrarmi nell'orecchio: - Il balbettio ti dona troppo, ragazzino. Vedremo a breve di eliminarlo, è effeminato. Stasera non ho fame. Buonanotte. -
- Buonanotte - risposi d'un fiato al richiudersi dell'uscio e un po' rattristato, senza sapere bene perché, non cenai neanch'io e andai presto a letto. Non dormii. Fintanto che brillò la luna. Il mattino dopo, emozionatissimo, tornai nella sua stanza con un grande e ricco vassoio per la sua colazione.


Piove, tesoro mio. Qui piove sempre…
Non sarà che di ritorno dall'Africa avrò portato con me la stagione delle grandi piogge?
È stato un viaggio tormentoso. In compenso c'erano delle gran belle nere laggiù! Gazzelle ed antilopi decisamente affascinanti.
Ti ho pensata ogni attimo. E di notte, ah quanto mi sei mancata di notte! Tra il pensiero di te e le zanzare posso affermare con sicurezza di non aver chiuso quasi mai occhio. Andato bene il viaggio di nozze?
No, no! Non risponderai mica a questa domanda! Non voglio saper nulla, mi raccomando.
Ti bacio

Ago                    



Sì sì. Conosco l'antifona. Le convenzioni sociali, un marito per non dar adito a sospetti, il duro ambiente della provincia. Non temere, mia cara. Amo financo il tuo poco coraggio. Ti manco? Mi spiace. Sapessi quanto mi dispiace!
Vieni a stare un mesetto da me. Vuoi?
Ti aspetto.

Ago                    



Sei incinta! Meraviglioso, sei incinta!
Sì, già, non puoi più muoverti, è naturale!
Be', ho fatto appena in tempo a tenerti un po' qui.
Dio, che notizia!
Speriamo che mi somigli.
Ridi, Anne. Su, dai, ridi…

Ago                    



Lui ha scoperto le mie lettere, ha letto tutte le mie lettere… Se ne vuole andare.
Oh, ma è fantastico! No, no, che dico? È orribile!
Supplicalo di non farlo. Digli che sono solo una povera pazza e che non si può non aver pietà d'una povera pazza. Per di più sessualmente deviata.
Diglielo!
Vedrai, resterà.

Ago                    

P.S. E nascondi un po' meglio la roba che scotta, accidenti!


È un maschietto. Volevi la femminuccia.
Ma che razza di discorsi!
A volte mi sembri cosi ingenua, tesoro!
Conta forse il sesso in un essere umano, di: conta?
- Sicuro! - direbbe la mia vicina. - Allevare un maschio crea molti meno problemi che non il tirar su una bambina! - Appunto, mia cara. Ti amo. Sii felice.

Ago                    



La bambinaia ti adocchia con interesse?
Guarda, tesoro, che un marito posso sopportarlo, ma la bambinaia no. È chiaro?

Ago                    



L'hai licenziata? Poverina, mi spiace.
E comunque grazie amor mio. Mille grazie.
Sarò a Sorrento per il fine settimana. Alla pensione "Leopardi". Conduci il tuo figliolo. Ho una sorpresina per lui. Per te ho comprato un grazioso cappellino. A Parigi, pensa! A Parigi…

Ago                    



Ormai ti sogno sempre col cappellino in testa. Ti dona tanto!
Non è bello che il tuo Helge abbia già rotto il trenino.
Mi manchi, Anne Marlene.
Sono triste oggi. A terra.

Ago                    



Dovrai capire, Anne.
Se davvero mi ami, dovrai capire.
Per un attimo non ho più potuto reggere la mia pesante solitudine.
E comunque sono in salvo, per la tua gioia, tesoro. Ingerita quantità di pillole insufficiente - stop -. Ancora grazie per essere subito accorsa al mio capezzale. Mi sei sembrata bella come non mai!
Morire tra le tue braccia sarebbe stato magnifico.
Ma figurati se m'ammazzavo!
Ridi, Anne, dai, ridi… Ago



L'insonnia che tormenta il dormente durante la sua prima notte in un nuovo letto lo tenne sveglio fino alle prime luci dell'alba. Insieme ad una parte degli intriganti messaggi d'amore indirizzati dalla signorina Agostina Franchetti alla signora Anne Marlene Von Hotte in Borrelli a partire dal diciassette febbraio del 19….



 

VI

Premiò Erik con un tenero sguardo, gli chiese di appoggiare il vassoio sul tavolino e di raccogliere le lettere sparse sul pavimento; lo ringrazio e gli concesse una nuova lunga occhiata alla sua nudità in posa sul letto.
- Ci vediamo tra mezz'ora nello studio - disse e s'alzò solo quando il ragazzo fu uscito.
Non toccò né crackers, né burro, né marmellata, né cornflakes. Versò due cucchiaini di zucchero nell'elegante tazza di porcellana, poi il caffè e il latte. Mescolò. Bevve.
Passò in bagno. Ne usci un quarto d'ora più tardi con in testa la precisa idea di indossare la camicia gialla, i pantaloni bianchi e le scarpe di rete senza calze. Smorfieggiò per un po' allo specchio ridendo delle occhiaie e di due capelli irti, indi assumendo un'aria decisamente più seria prese a preparare la sua cartella. Vi infilò una grossa agenda, una penna ed un vecchio giornale. Alle nove in punto sedette alla scrivania dello studio. Erik era già al suo posto.
- Vogliamo dunque cominciare dall'algebra o dal latino? Con una formula chimica o con una poesia? Domande astratte, Erik. Del tutto astratte. Prima andrò velocemente a sondarti, sconosciuto satellite. Vuoi raccontarmi di te? -
Mi ascoltò pazientemente. Io mi aprii, sorprendendo soprattutto me stesso, del tutto. Giunsi persino a dirgli che una volta avevo desiderato ardentemente le carezze dell'autista.
- Mi sento destinato a diventare un gay - dissi. - Più passano i giorni e più scopro nuovi sintomi. -
Lui rise.
- E che è una malattia? - esclamò. - E poi aspetta a sparare le tue diagnosi! -
Rise più forte.
- Eh sì che come balbetti tu non balbetta proprio nessuno… Sei speciale. Ah! Magari, magari lo fossi stato io! -
- Co… co… cosa? -
- Speciale! Sai quante complicazioni mi sarei risparmiato? -

Anche il precettore raccontò ad Erik del passato. D'un preciso momento del suo recente passato. Del suo grande e tormentato amore nei confronti di miss Evelyne Jones.



 

VII

- Lei? Niente affatto donna comune. Era una biologa. Diverse ore al microscopio. E, nel tempo libero, cultura, arte, un apprendere continuo. In particolare, lunghe serene conversazioni con gli uomini di lettere. Andava pazza per gli uomini di lettere.
Fu la prima cosa che mi disse quando mi conobbe. Ricambiai subito: le sussurrai che adoravo le donne di scienza.
E venne la sera in cui cenammo a lume di candela. Avrei potuto entrare nel suo letto. Mi rifiutai. Restò favorevolmente colpita dal mio deciso pudore. Mi disse che andava pazza per gli uomini di lettere disinteressati.
Mi innamorai. Lei, invece, almeno apparentemente, non mi desiderò più. Mi elesse a suo migliore amico.
Seguirono giorni magnifici. Cominciammo a discutere del futuro e a sognare e ad appassionarci in particolare ad una teoria: il futuro sarebbe stato degli androgini…
La mia immaginazione e il suo pur sempre visionario empirismo si appartennero come fossero gli unici effettivi titolari del diritto d'amarsi.
Hai mai letto "La chambre double" di Baudelaire? No?
Ebbene, ascolta con attenzione, giovanotto.
Giunse il momento in cui bussarono alla nostra porta e lo splendido rêve crollò. Una metafora per dirti che Evelyne scoprì per caso tra i miei effetti personali un certificato medico che attestava la mia paralisi genitale congenita: l'impossibilità del mio membro ad erigersi, il mio beffardo e crudele ruolo di essere che mai avrebbe potuto darsi pur se l'avesse voluto.
E quella mia paradossale libertà l'uccise.
Sembra incredibile, ancor oggi faccio fatica a convincermene, ma… Evelyne si suicidò. E il risultato, ancor più doloroso e sconvolgente del suo devastante gesto, fu che a me non riuscì affatto di morir con lei. Che sono ancora vivo, accidenti! Ancora vivo… -



 

VIII

Non mi sono scandalizzato quella mattina.
Ho solo provato un senso di vertigine e sono rimasto confuso. A causa del veloce decorso dei nuovi avvenimenti.
Quell'uomo ha improvvisamente smosso la mia esistenza come un forte vento. Il mio uragano, oh sì, il mio uragano!
Nel pomeriggio c'è stato, poi invece, un tempo di olimpica tristissima quiete che, tuttavia, mi ha ancora colto, proprio per contrasto, nuovamente impreparato.
Si è letto e commentato un vecchio articolo di giornale. La cronaca dettagliata della terribile giornata di un deportato ebreo in un lager.
- Non trascurare mai di meditare sull'umano dolore. Rifletti oltre il tuo particolare. In maniera universale. E non certo per stabilire paragoni. Allargare gli orizzonti della propria limitata esperienza è una delle poche buone chiavi per riuscire ad amare meglio che si può. - mi ha detto.
Ancora, abbiamo osservato un lungo silenzio per ascoltare la pioggia. Un dolce e malinconico requiem di natura che mi ha cullato e consolato.
E, in un furtivo sguardo dedicato al precettore, ho visto che pioveva di nascosto e puramente anche dai suoi occhi.
A cena gli ho tenuto compagnia.
- Meglio non lasciarlo da solo - ho pensato.
Ho dovuto ricredermi. L'ho scoperto allegrissimo.
Non appena mi sono accomodato al suo tavolino è sparito dietro un'anta dell'armadio e quando è ricomparso era abbigliato da donna. Rossetto alle labbra, pettinino tra i capelli, una camicia da notte ricamata di buchi e tra le dita il ventaglio di mia nonna.
- Le piaccio, Erik? - mi ha chiesto goliardico.
- Trovo che lei sia aff… fascinante - gli ho risposto avvicinandolo e imitando il gesto di baciargli la mano.
La serata è stata spiritosissima.
Autoironia prolungata e un mucchio di risate.
La mia prima giornata da equilibrista ricordo che si è svolta così.



 

IX

Anne Marlene, mio fiore,
confido con immensa speranza nel genio scientifico, dell'uomo affinché si possa un giorno far corrispondere senza più traumatiche scissioni i corpi con le anime e le anime con i corpi. Auspico ciò in senso umanitario così come auguro al mondo intero libertà e fraternità.
Nel frattempo, contemplo disarmata la forzata cattività della mia anima d'uomo nel corpo di una donna e del resto volentieri la immolo sull'altare della creazione ad ispirare il mio ingegno poetico, sorto come una Venere dagli abissi del nulla. Potrei creare un mito moderno. Il mito di Ago e della anonima anima sua gemella. 0 preferisci piuttosto ch'io ti battezzi con un eudemonistico segreto nome?

Ago                    



Elenamara,
le tue osservazioni sui miei pensierini estetici stanno contribuendo a sconvolgere i miei piani.
"Una volta che si è ben assimilato il passato non s'appartiene che al presente ed al futuro" mi scrivi.
È quel che ho subitaneamente realizzato al primo comporre le mie pagine. Brava! Mi conosci.
Ho immediatamente affogato i miei primi impulsi non controllati nell'ingannevole specchio d'acqua di quell'imbecille, passami l'aggettivo, di Narciso.
È più facile che una mummia egiziana risorga da un sarcofago che una rinverdita "mitologia" entri nella cruna di Ago… Leggi pure adesso i miei segmenti e dimmi se non trovi che siano "nouveautés".
S'accompagnano, tra l'altro, a molti fogli bianchi, simbolo di tutto quel che la mia vita interiore ha sentito, pensato e prodotto senza ch'io abbia potuto registrare, ahimè, qui e là, se non qualche sintetico frammento.
M'incanta pensare alla ricchezza interiore che deve aver caratterizzato la vita dei grandi artisti. Un vero peccato quello di poter fruire solo delle loro realizzazioni finali. E hai voglia a scrivere biografie!
Di me, ad esempio, posso già dire, che buona parte di quel che "sono stato" non si saprà mai.
D'altronde, data questa impossibilità, un mio fermo proposito è quello di contribuire a confondere meglio che si può le acque sul mio conto.
Anche i miei biografi affogheranno.
Non ti rende felice tutto ciò?

Ago                    



Letto tutto?
Benissimo. Ti autorizzo a incenerire, infine, la mia gioventù di per sé già bruciata.
L'equilibrio… Oh quanta fatica, pazienza, maestria, per tenersi in equilibrio!
Un passo falso e sei perso, caro il mio funambolo!
Lola, no, non è una fola…
Charleston, charleston…

Ago                    





 

X

- Domanda: mai meditato sull'inadeguatezza della tua umanità rispetto all'idealità delle tue riflessioni?
Può ciò che si pensa valer di più di quel che si fa?
Risposta: definita la mia volontà di migliorare, a tratti, potrei giurarlo, sono riuscito a superare me stesso; non solo nel farsi del mio pensiero, ma financo concretizzando alcune mie astrattezze in azione. L'inadeguatezza? Di sicuro l'ho avvertita. Mai ho creduto, però, di dover perdere la partita.
Annota, Erikg, annota…
Vir, viri, viro, virum, vir, viro.
L'idea del vuoto e del nulla attraverso uno spot pubblicitario: "oscenità dell'evidenza", quando la vista annulla la visione. Se i soggetti sono sottintesi le proposizioni si dicono ellittiche. Nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole è la stessa Terra a disegnare un'ellisse.
Nulla di più relativo che l'idea dell'assoluto.
L'universo? Il mondo? Frazioni. Proprie, improprie, apparenti… -


Delle sue lezioni Erik serba ancora gelosamente tanti purissimi echi…
Durante la prima passeggiata di interrogazione Erik e il precettore si spinsero a sud.
Raggiunsero il mare.
Erik narrò di Atene e di Sparta, commentò un dialogo di Platone. Chiese e ottenne il permesso di masturbarsi di fronte al maestro. Il quale, giudicata del tutto sufficiente la sua preparazione, andò ad immergersi fino alle ginocchia nella schiuma provocata dalle onde per meglio eccitarlo.


Sulla via del ritorno il precettore pretese d'ascoltare un ritratto di nonna Anne in due parole.
La mia sinestesia fu: "une chanson grise".



 

XI

Mostrata al precettore l'unica foto di nonna Anne Marlene ch'io possedessi - la foto che lei mi aveva regalato un paio di giorni prima che si dileguasse nel nulla… Già, mai mio padre ha potuto scoprire dove sua madre sia andata a morire; mio nonno spirò qualche giorno dopo l'abbandono del tetto coniugale da parte della sua compagna; ancora. il fratello di mio padre, il primogenito, era andato via di casa a quindici anni, assai prima che io nascessi… Quanta tristezza sul viso della nonna quando mi parlava di lui e della sua fuga senza mai più un seguito di notizie sulla sua sorte! Pure, che delizioso e compiaciuto guizzo di luce nei suoi occhi, quando si soffermava sul suo indomito carattere di ragazzino ribelle alle convinzioni e alle prese di posizione troppo quadrate del suo consorte! - dicevo, mostrata al precettore l'unica foto di nonna Anne Marlene ch'io possedessi, egli scoppiò dapprima in una gran risata, poi ricordo che prese ad osservarla attentamente con sguardo tenerissimo.
Era stata scattata nel giorno del suo matrimonio e la ritraeva sottobraccio ad Ago Franchetti.
Descrizione:
Accanto alla sposa, cappello a larga falda, corpetto e gonna di plissé bianchi, viso pallidissimo, trucco leggero, scarpe di raso, orecchini di brillanti, capelli lisci e probabilmente raccolti in toupet, occhi languidi, corpo curvilineo e slanciato, caviglie divine, espressione a metà tra il disappunto e la gioia, la ripulsa e la poesia - sentimenti, i primi, da attribuire certo al matrimonio forzato ed i secondi altrettanto sicuramente al segreto connubio volutamente immortalato dall'ideale coppia - una figura indubbiamente maschile, magra, alta, in abiti modesti ma elegante.
Giacca nera e pantaloni bianchi, camicia abbottonata sino al collo. Un cammeo al centro, tra le alette.
Due piccole spille: un delfino e un veliero sul cuore.
Capelli quasi alle spalle, corvini; occhiali, un ironico candido sorriso. La mano sinistra, gracile, a stringere quella inguantata di lei poggiata nell'incavo del suo braccio destro.
Sullo sfondo, una stanza da letto, la stessa poi prestata al mio maestro.
- Irridente e commovente - disse lui rendendomela.
Ancora, ricordo che in quel momento trovai l'ardire di imprimere le mie labbra sulle sue.



 

XII

Seguirono altre lezioni ed altre passeggiate di interrogazione.
E nuove taciute emozioni.
Tacqui, taccio, tacerò, verbo irregolare: annota, Erik, annota.
E nuove taciute emozioni… Così è bene che restino.
Gentile l'atto di lasciare un po' di spazio all'immaginazione altrui; non credi, ragazzo?
Sì, certo professore, sicuro.
Vedi Erik, orribile sarebbe se qualcuno potesse affermare di saper tutto di me.
Già, anche per me lo sarebbe. Anche per me.


Più di un anno.
Un indimenticabile alternarsi di stagioni con lui.
Alto, azzurro, dolce, colto, rabbuiato, immondo, maldisposto, ostile. Severo, lontano…
Sì, lontano.
Una sera, un falò di lettere nella sua stanza…


Anne Marlene, tesoro,
l'aria che qui si respira è pura, rara e il paesaggio induce ad una ammirata e timida contemplazione del mondo.
Ogni pensiero e gesto e visione sembrano dilatarsi all'eterno e tempo, spazio, durata, appaiono null'altro che umane squadrature fittizie e limitanti.
Mi sento infinita e dell'infinito partecipo.
Longanime e poi lontana, sì lontana. Come proiettata a distanza su uno schermo che è fuori dell'ordinario.
E solitaria, ma non dal sentimento immalinconita.
Questa mia solitudine è quasi gioia, tripudio di inedite esultanze in verità; addirittura felice sgomento di fronte alle mie potenzialità di essere bastevole al mio me.
Tu hai sempre saputo, vero?
Troppo, troppo il coraggio che avresti dovuto trarre da te stessa per vivere accanto all'imprendibile.
Un salto di dimensione certo nelle tue possibilità, è ciò che ho intuito da subito, ma nel tuo giudizio non necessario. Esatto, non necessario.
Parergon, non ergon. Cornice, non quadro.
Così come io per il tuo bastevole te.
Tanto più legati, alla fin fine, quanto più liberi.
Che strano…
Anche il tuo prossimo mettere al mondo un altro figlio, che strano…

Ago                    



Tempo per riflettere, si capisce, ne ho a iosa.
Pur non trascuro di osservare qui e là gli altri ospiti del sanatorio, cara Marlene.
Non c'è da credere, insomma, ch'io abbia perso contatto con la realtà.
Anzi, forse qui chiacchiero ormai più che il mio solito. Donne o uomini, non ha importanza.
Il mio interesse è tutto puntato, ognora, sulle anime.

Ago                    



Ci sono livelli e livelli e livelli.
Lo sai, Marlene, nevvero? Tu lo sai?
Le anime? Tutte a differenti livelli, mia cara. Tutte! Pas question d'egalité.

Ago                    



Il leitmotiv! Ci sono livelli e livelli e livelli.
Il ritornello! Debbo ripeterlo. Cantarlo!
Lo spirito! Formidabile parola, non trovi?
Già, lo spirito!
Un infinito astratto a garantirti la diversità.
E in te, scendendo, livelli e livelli e livelli…
E, risalendo, livelli livelli ancora livelli…
Incomprensibili, dillo Ago, dillo!
Incomprensibili certo per i più.
Le analisi, l'indagine, la ricerca.
E per campo le lande sterminate dell'anima.
Telescopi, microscopi, stetoscopi, sonde, bussole. Tutti strumenti-metafora.
Solo uno poi! Un solo strumento, in verità.
Semplicissimo. Esile, glabro, nervoso.
Semplicissimo. Silenzioso: una penna.
Ci sono livelli e livelli e livelli.
E mi hanno avvicinato. E mi hanno separato.

Ago                    



Il mio tumore mi conferisce un pallore tutt'altro che disprezzabile. Tuttavia non intendo mostrartelo, mon amour. Quel che ora sono per la prima volta ti esclude da un contatto diretto.
Anche se ora venissi, non mi ritroveresti, mia cara.
Scrivimi. E ciò basti.
Abbimi tuo

Ago                    



Non ancora incenerita quest'altra ultima breve epistola tra le mie gelide mani:


Lascerò la casa di cura domani ed ho quasi orrore di tornare nel mondo. È lì che ancora rischio di vivere da eremita. Una vera crudeltà data la mia socievolezza.
Oggi il verdetto susseguente al mio pacato e frale periodo di meditazione.
Più non posso attribuirti primati.
Come tutte le altre, e mi riferisco a coloro che ho soavemente accarezzato prima di te, anche tu, ho concluso, mi hai lasciato al mio dileggiato destino senza opporti in realtà.
Da solo, già, da solo.
Un particolare che, universalmente parlando, riguarda una buona fetta di umanità.
Positivo, negativo?
Questo resterà un segreto nel mio cuore.
Non tornerò dov'ero.
Addio Anne e ridi, dai Anne, ridi…
Ago



- Da solo, già da solo, capisci? È cosi che Evelyne mi ha lasciato! -
Le sue parole postreme.
Le definitive che il precettore mi rivolse.
- Ma chi ha lasciato chi? - intanto pensavo…



 

XIII

Mi regalò la sua vecchia carretta.
Quindi lo vidi andarsene come su di una corda, svanire piano verso l'altro capo della fune senza mai mettere un piede fuori posto.
Fu solo quando si voltò per concedermi l'ultimo saluto che lo sorpresi a traballare un po'…
Ma per un attimo. Un attimo soltanto.
Gennaio, pioveva ed Helge Borrelli in equilibrio sotto l'ombrellino di sua madre, mia nonna.
Ed io come Ago e come lui.
In equilibrio da solo. Già, da solo.
Stranamente incantato dal mio sapermi così.